Siracusa e Le necropoli rupestri di Pantalica (Siracusa, Cassaro, Ferla, Sortino, territorio del Libero Consorzio Comunale di Siracusa, Sicilia )

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DESTINAZIONE: Siracusa e Le necropoli rupestri di Pantalica
REGIONE: Sicilia
PROVINCIA: Siracusa
COMUNE DI RIFERIMENTO: Cassaro, Ferla, Sortino

Da una parte il mare azzurrissimo del mediterraneo dall’altra la storia a tratti ancora incontaminata delle civiltà che si insediarono qui tra la fine del 1200 e del 1300 a.c.. Non c’è da meravigliarsi se Cicerone durante la conquista romana della Sicilia definì Siracusa “la più bella città della Magna Grecia”. Il sito Unesco comprende il centro della città di Siracusa, che risente dal punto di vista architettonico dell’influenza di tutti i popoli che si sono insediati in questa terra, e della necropoli rupestre di Pantalica, posizionata sui Monti Iblei la quale diede rifugio agli abitanti della fascia costiera costretti a scappare per l’arrivo dei Siculi. La città siciliana che diede i natali ad Archimede, matematico e fisico del III secolo, ospitò inoltre il Caravaggio nella sua fuga dal carcere di malta nel 1608, il quale dipinse proprio qui il seppellimento di Santa Lucia custodito nell’omonima chiesa di S. Lucia al Sepolcro. All’interno del nucleo urbano più antico, situato nella piccola isola di Ortigia, si possono ammirare il tempio di Apollo, il più antico della Sicilia, ed i resti del Tempio di Atena, chiamato
dagli autoctoni “rui culonne” perché dell’intera costruzione restano in piedi solo due colonne.

Pantalica

Tipo: Sito rupestre
Denominazione: Pantalica
Provincia: Siracusa
Comune: Sortino – Ferla
Uso attuale: Parco archeologico
Stato di Conservazione: Buono

Notizie storiche su Pantalica

Molte delle informazioni in nostro possesso, circa il sito di Pantalica, provengono dalle importantissime campagne di
scavo promesse tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900 da Paolo Orsi e poi, intorno agli anni ‘50 del ‘900 da Luigi Bernabò Brea. Situato tra due grandi cave, lungo le quali scorrono rispettivamente, a nord il fiume Calcinara (o Bottiglieria) ed a sud il fiume Anapo che, confluendo, danno origine ad est ad un unico corso d’acqua, nei monti Iblei, il sito Pantalica (il cui nome pare essere una derivazione dall’arabo: Buntarigah, che significa grotte) è considerato tra i primi luoghi abitati della Sicilia Orientale, dove, probabilmente tra 1250 e il 700 a.C., si sviluppò una sorta di stato monarchico autoctono.
Le origini di Pantalica non sono ancora note, nonostante già dal XVI secolo si tendesse ad identificare il sito con mitici luoghi abitati dai Siculi come, per esempio, Erbesso o, ancora, Hybla.
Certamente la grande civiltà indigena venne distrutta dai conquistatori greci e solo l’immensa e importantissima necropoli, che conta circa cinquemila tombe, ci rende testimonianza delle dimensioni del complesso.
Le notizie circa la Pantalica greca sono, in realtà, inferiori a quelle del periodo protostorico, probabilmente in quanto il sito cominciava a diventare zona periferica della città di Siracusa o di altre poleis mentre un nuovo ripopolamento del sito si ebbe a causa delle persecuzioni romane, quando alcuni gruppi di cristiani si stanziarono nella zona.
Nel periodo della dominazione bizantina (cominciata probabilmente attorno al VI secolo), Pantalica vide la fondazione non solo di villaggi (come quello denominato “la Cavetta”), che hanno sfruttato e ampliato le grotte delle necropoli preesistenti, e si sono sviluppati spesso attorno a chiesette rupestri (la grotta del Crocifisso, la grotta di San Micidiario, la grotta di San Nicolicchio), ma anche l’insediamento di una legione militare. Tale rinascita del sito, così come succede per le altre realtà rupestri siciliane e non solo, vede un ripopolamento della zona sotto la dominazione araba (IX sec.) e, quindi, un lento abbandono del sito con la fine di questa fase nell’Isola.
Le notizie relative ai tempi e ai modi dell’occupazione araba sono praticamente inesistenti, così come quelle circa il tipo di vita che si svolgeva nelle comunità rupestri nel periodo di questa dominazione.
Riguardo al periodo normanno, l’unica fonte degna di fede è quella del cronista Goffredo Malaterra che nel 1092 afferma che c’era una comunità araba nel sito di “Pentargia” e, accanto a questa può essere presa in considerazione una Bolla di Urbano II del 1093 che cita, tra le città della diocesi di Siracusa anche “Pantegra”.

Descrizione generale

Il sito è raggiungibile da Sortino e da Ferla; l’abitato e la necropoli, svolgendosi lungo le pareti della Cava offrono uno scenario naturale di estrema bellezza e suggestione. Al centro del complesso abitato rupestre si pone un pianoro la cui massima altezza è di 424 metri, lungo circa 1200 e largo 600, quasi al centro, che accoglie l’Anaktoron o palazzo del Principe, databile all’epoca protostorica. Sotto di tale pianoro, lungo i fianchi del massiccio, si scorgono le più imponenti tracce dell’insediamento umano: dai villaggi bizantini ai resti dell’abitato protostorico, alle tombe a grotticella. Confuse con le tombe e con le testimonianze protostoriche sono i resti di tre villaggi e di tre chiesette rupestri ad essi legati: il primo si trova a ridosso della necropoli Cavetta e conta circa 70 abitazioni oltre all’oratorio della grotta del Crocifisso. Il secondo villaggio è posto sotto l`Anaktoron, nella necropoli Sud e ha come centro
religioso l`oratorio della grotta di S. Nicolicchio, mentre il terzo e più grande di questi agglomerati rupestri è quello posto tra la necropoli Sud e la sella di Filipporto, composto da più di 150 abitazioni a più stanze e dalla grotta di San Micidiario.

La grotta del Crocifisso

La grotta è ubicata lungo in viottolo che porta alla Necropoli Nord. Presenta impianto irregolare tendente al rettangolo e sembra essere composta da due ambienti contigui disposti in modo non  assiale. Nella parete di destra si trova l’abside rettangolare. Nell’abside si trovano resti di una Crocifissione fiancheggiata da una figura femminile, riconoscibile con la Vergine. Lungo le pareti dell’ambiente di sinistra si nota la figura di San Nicola e una Santa
Barbara.

La grotta di San Nicolicchio

Il vano rupestre si configura come un oratorio dalla pianta piuttosto complessa. Esso è composto dall’accorpamento di più ambienti (probabilmente scavati in epoche diverse), che risultano come secondari rispetto al vano principale che si sviluppa verso est dove si conclude con una abside centrale e due piccole nicchie ai lati di essa. Purtroppo gran parte dell’apparato decorativo è andato perduto, probabilmente a causa di abrasioni procurate dagli invasori arabi ma, dalle tracce superstiti si possono riconoscere le figure di Sant’Elena e Santo Stefano e di un Santo non identificabile. Circa la datazione di tali affreschi non sono, però, pochi i problemi di ordine storico e stilistico; l’Agnello e il Messina, però, proprio analizzando una certa rigidezza e secchezza nel modo di rendere il panneggio, suggeriscono di riconoscere in tali affreschi le testimonianze più antiche della pittura rupestre nel Siracusano (VII
sec).

La grotta di San Micidiario

Ubicata presso la cosiddetta porta di Pantalica la chiesa è in posizione centrale tra vari vani scavati nella roccia in epoche diverse. L’oratorio propriamente detto ha pianta rettangolare, si conclude a est con una abside affiancata da due nicchie che simulano le absidi minori, mentre lo spazio riservato ai fedeli è diviso da questo, che si configura come un vero e proprio presbiterio, tramite una iconostasi.
Lungo la parete absidale si notano tracce dei subsellia mentre è particolarmente interessante il soffitto a doppio spiovente, che sembra imitare le coperture delle chiese subdiali.
La decorazione, per quanto adesso frammentaria, era certamente molto ricca, tanto da ornare sia la chiesa che la calotta absidale. Si riconoscono almeno due strati di affresco di cui quello inferiore rossastro e giallo e quello superiore turchino.
Nel catino absidale si intravede la figura del Pantocrator fiancheggiato da due angeli, mentre sulle pareti erano posti in sequenza paratattica dei pannelli ospitanti santi oramai illeggibili eccezion fatta per un possibile San Mercurio (secondo la scritta in greco Ο ΑΓΙΟΧ ΜΕΡΚ [ΟΥΡΙΟΧ]

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