Nero d’Avola e Moscato: le eccellenze vitivinicole del Val di Noto

[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nel tratto della Strada del Vino del Val di Noto, sono racchiusi dai muri a secco tipici della campagna e della tradizione contadina siciliana, prosperano agrumeti, carrubeti, oliveti e mandorleti. Qui, dove il tempo è scandito dai ritmi della vendemmia, i vigneti di uve Moscato e Nero d’Avola e gli antichi palmenti sono viva memoria del dono prezioso – la coltivazione della vite – che i Greci, ai tempi della colonizzazione, elargirono alla Sicilia. Fu, infatti, nel territorio del Val di Noto che i Greci diffusero l’allevamento delle viti con impianti ad “alberello”.[/vc_column_text][vc_single_image image=”22068″ img_size=”full”][vc_column_text]Furono gli antichi greci a introdurre la forma di allevamento ad alberello e i due vitigni più importanti: il Nero d’Avola e il Moscato. Solo una piccola parte della produzione è vinificata come Doc. La raccolta delle uve è fatta prevalentemente a mano, il terreno è di tipo calcareo, il clima siccitoso.

Le aree vitate di maggior prestigio sono: Buonivini, Burgio, Bufalefi, Baroni, Bimmisca, Agliastro, San Lorenzo, San Basilio, Timponazzo.

In queste zone, dove tutto il lavoro di un anno ruotava unicamente intorno alla vite e alla vendemmia, è bene impressa nella memoria degli abitanti la storia, la tradizione, i riti, i gesti e gli aneddoti sul vino e i palmenti.

Questi ultimi sono stati restaurati per diventare musei del vino, come l’antico Palmento di Rudinì di Marzamemi. Il palmento fu costruito dal marchese Antonio di Rudinì a partire dal 1897 e rappresentò ai primi del ‘900 uno degli stabilimenti più all’avanguardia per la produzione del vino, con un sistema di pompaggio e canalizzazioni che portavano il vino al vicino porticciolo di Marzamemi.

Le aziende vitivinicole sono tutte di medie e piccole dimensioni, alcune di nuovo insediamento e molte legate all’antica tradizione familiare di “fare il vino”. Tutte però contribuiscono a raccontare una storia che si dipana tra innovazione e tradizione, nel rispetto delle antiche tecniche di lavorazione delle uve e dei mosti.

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Moscato di Siracusa

Nel siracusano, dalle uve bianche di Moscato si produce il Moscato di Siracusa, pregiato vino dolce da dessert: gli studi e le scoperte di Saverio Landolina Nava lo hanno indicato come il vino più antico d’Italia, quel Pollio o Biblino già noto e apprezzato nell’antichità.

L’archeologo ed enologo Saverio Landolina Nava nel 1800 ha ricondotto il Moscato di Siracusa all’antico “Pollio”, ottenuto dall’uva Biblia introdotta dall’antica Tracia dal re Pollis, che divenne tiranno della città. Pertanto, risalendo al VIII-VII secolo A.C., il Moscato di Siracusa potrebbe considerarsi il vino più antico d’Italia.

Nei secoli è stato apprezzato anche oltre confine dal famoso “Re Sole” Luigi XIV, che mandava le sue navi a farne scorta nel porto di Ortigia, e dai viaggiatori del Grand Tour del 19° secolo come Alexandre Dumas.

Il Moscato di Siracusa è stato riconosciuto vino DOC nel 1973 ed è prodotto esclusivamente nel territorio del comune di Siracusa.

Questo vino è prodotto con uve di Moscato bianco sottoposte ad un leggero appassimento. Ha colore giallo oro vecchio con riflessi ambracei, odore delicato caratteristico e sapore dolce vellutato e gradevole. E’ un vino da dessert che si accompagna a piccola pasticceria, dolci di mandorla e a crostate di frutta bianca. Va degustato in piccoli calici a una temperatura di 10- 12 °C .

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Nero d’Avola

Il territorio di Avola, Pachino e Noto è la patria del vino rosso: qui prosperano i vitigni di Nero d’Avola, dalla cui pregiata uva rossa si produce questo particolare e corposo vino siciliano.

Una menzione particolare va al Nero d’Avola , detto anche “Calaurisi” e per questo motivo ritenuto da alcuni di origine calabrese. In realtà si hanno buone ragioni per ritenerlo di origine del Siracusano. Un’ipotesi lo fa derivare da Calauria, isola e città della Grecia, da cui provenne l’uva Calauris. Ancora analizzando, questo nome deriverebbe dall’unione di “Calea”, sinonimo siciliano di “racina” uva e “Aulisi”, derivato dal nome dialettale della città di Avola “Aula”.

Da sempre considerata fra le specie più pregiate di uva per fare vino, il nero d’Avola fino agli inizi degli anni ’90 era coltivato solo nelle province di Siracusa e Ragusa. Oggi è sicuramente il vitigno a bacca rossa più coltivato in tutto il territorio siciliano. Per oltre cento anni è stato “vino da taglio” per eccellenza perché, grazie alla sua struttura e all’alto tasso alcolico, era commercializzato in Francia e nel Nord Italia per dare forza ai vini rossi, carenti di colore, struttura e grado alcolico.

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